domenica 6 maggio 2012

Antroposofia


QUELLO CHE NON HO
a cura di Ermanno Faccio
Piccolo compendio richiesto e proposto a Fabio Fazio e Roberto Saviano per la nuova trasmissione omonima
Queste brevi note antropoligiche potrebbero apparire scontate per coloro che, come sicuramente gli stessi conduttori televisivi, godono di una condizione sociale privilegiata, ma si pensi bene che queste carenze interessano in realtà, la maggior parte delle persone in Italia e nel mondo, e conoscerle, diffonderle e promuoverne la discussione ne favorirebbe la soluzione.
mangiare bene
non sto più cucinando quello che voglio, tutti mi danno prodotti ai supermercati, cibi pronti, cibi ai ristoranti, la ricetta della nonna è poco usata. Non so poi se i miei figli ritroveranno la voglia e la passione di coltivare un loro orto per conoscere il miracolo dell’eden che dio aveva originariamente assegnato ad Adamo perché avesse tutto ciò che bastava per mantenersi. La perdita di contatto con le cose semplici ma fondamentali è un bene prezioso che deve essere tramandato e che deve essere reso culturalmente diffuso a livello didattico nelle sedi scolastiche e  e nelle classi più adatte ed opportune onde non venga perduta la conoscenza di come si provvede alla propria autosussistenza attraverso il miracolo della natura.
Privilegiare queste conoscenze a quelle del giudizio, dell’artificiosità, del conto, e dell’amministrazione è regola fondamentale per sanificare le menti future che proseguiranno questa società, che devono conoscere le ragioni dell’autosussistenza prima di giudicare, creare, contare, o amministrare i propri simili. Uomini e donne compresi.
lavorare
L’uomo ha bisogno di costruire i propri ripari i propri mezzi e i propri miglioramenti.
Questo istinto è innato le donne devono collaborare con l’uomo in questo prestando la loro svelta abilità nel particolare presente, a favore dell’abilità maschile nella fermezza e nella sana progettualità a lungo termine.  
l'Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Ma nessuno sa più cosa significhi bene questa parola. Lavoro è insieme parola di derivazione latina che indica l’attività che viene intrapresa da ogni persona che voglia prepararsi qualcosa di utile nella propria giornata  dal momento che si sveglia, ma ha anche un significato scientifico descritto scientificamente nella fisica elementare.  Questo concetto di fisica è riassunto in questi semplici schemi mnemonici che definiscono la nullità di un lavoro: 1) “se prendo una valigia d’oro e la porto al terzo piano ho svolto un lavoro, ma se questa valigia non fermandomi al terzo piano la riportassi a terra avrei svolto un lavoro nullo” (!anche se ho faticato ed ho trascorso il mio tempo!). Oppure “Se io nella mia vita costruisco una casa e riesco a pagarmela, ma poi per colpa di qualsiasi motivo io sono costretto a venderla, alla fine della mia vita avrò svolto un lavoro nullo”. Questi concetti servono a spiegare agli italiani che svolgono lavoro nelle aziende private e pubbliche che non esiste solo il problema dell’assenteismo quale malcostume che genera il recesso della produttività nazionale. Il ben più grave ed occulto problema è quello dell’inutilismo del nostro lavoro e quindi dalla nullità del medesimo causato da frequentissimi errori lavorativi, rifacimenti di commesse o commissioni, restituzioni di merci, redazioni, progetti perché inutilizzabili, su cui nessun contratto di lavoro collettivo nazionale ha mai calcolato gli oneri lasciandoli iniquamente tutti a carico dell’imprenditore sia civilisticamente che fiscalmente. Se questa carenza di legislazione venisse corretta introducendo il parametro della produttività quale unico parametro di misura remunerabile, allora avremmo il rilancio dell’efficienza delle imprese e delle persone.
spendere
spendere la propria vita anche nel giusto tempo di ozio che giustifica il piacere di essere venuti al mondo contro il concetto di schiavitù verso il tempo che le affermazioni di necessità di crescita continua ci vorrebbero imporre. Spenderla per i propri hobbies ricreativi è altrettanta cosa sana come riconosciuto da tutti.
coccolare
ricevere coccole è una delle attitudini  antropologiche fondamentali. Da qui nascono gli amori, le famiglie, la vera crescita etnica che non deve farci ricorrere necessariamente alle aperture all’immigrazione fatte negli ultimi anni per assenza di crescita demografica sufficiente. La donna italiana deve tornare all’umiltà di questa consapevolezza troncando il malcostume del separatismo legale lanciato dall’industria del fallimento imprenditoriale e familiare italiana sviluppata abnormemente  nell’ultimo decennio dai i tribunali. L’esegesi e l’eidetica della corsa al divorzio per passare al marito più benestante o al mantenimento gratuito portano alla spiegazione della rinuncia al matrimonio a priori da parte dell’attuale generazione di giovani maschi in tutta Europa, ma soprattutto in Italia. 
procreare
L’altra necessità antropologica è ovviamente la rimessa di tutto ciò che si è ricevuto durante la vita ai propri eredi, non solo per una esigenza logistica e di registrazione fiscale, bensì per la certezza di poter trasferire il proprio sapere, la propria cultura provenuta alle nostre orecchie in recitazione diretta dai propri genitori e nonni. Questa cultura è il vero tesoro, quella del saper fare e del saper giudicare rispetto moltissime situazioni che i nostri avi ci hanno tramandato, permettendoci con esse di poter sviluppare le nostre carriere o addirittura le nostre aziende, che anche noi vorremmo venissero proseguite da nostri degni eredi e prosecutori di ciò che abbiamo costruito.
protestare
In qualsiasi ogni persona può sentire il bisogno antropologico di esternare e manifestare le proprie idee sebbene conosca siano contrarie ad idee altrui o idee anche solo precedentemente concordate. In questo periodo più che mai moltissima gente, invece, non riuscendo a trovare i canali ove le proprie ragioni possano essere messe subito in esame ed eventuale accoglimento nei casi di urgenza
ha visto lo svilupparsi addirittura dei suicidi pubblici quali unici mezzi di protesta possibili. Questo è il problema più grave dell’uomo: poter protestare in qualsiasi momento svolgendo attraverso la propria comunicazione un atto di democrazia diretta che i propri rappresentanti votati dovrebbero valutare immediatamente per evitare episodi di disperazione a cui abbiamo recentemente dovuto assistere. E’ nostra responsabilità non immettere nel sistema esecutivo questa importantissima funzione democratica che potrà prevenire i casi disperati già detti nelle  generazioni future. Attualmente i nostri rappresentanti politici invece, già prima di essere eletti partono per un’altra dimensione quasi divina, distaccandosi addirittura anticipatamente alla loro elezione dai loro elettori, eleggendosi ad un livello di elevazione spirituale nell’estasi del preassaporamento del proprio potenziale successo. Dopo eletti addirittura scompaiono e chiunque debba rivolgersi a loro si trova di fronte ed uffici di segreteria impenetrabili, oppure, nei casi fortunati, a sessioni di ricevimento apparentemente cordiali, ma in cui l’ascolto del problema non viene praticato e l’elettore viene sistematicamente licenziato per impegni successivi al massimo dopo cinque o sei minuti di ascolto infruttuoso, che non darà seguito a nessuna risposta risolutiva del problema segnalato. Basta. Quello che manca è proprio una nuova regolamentazione delle responsabilità degli eletti, altrimenti rinunciamo agli eletti e passiamo a strumenti informatici di sola democrazia diretta.
Grazie per l’ascolto, vediamo che farete di queste mie perle.
Un caro saluto a tutti voi.
Ermanno Faccio - faccio.org - 3488058279

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